Il Caleidoscopio delle Madonie, 15 ago 2013
I Treni armati durante il primo e il secondo conflitto mondiale, furono utilizzati dalle forze belligeranti per la difesa del territorio. I vagoni ferroviari muniti di affusti d’artiglieria costituirono insieme alle postazioni fisse terrestri, una valida difesa dell’entroterra e specialmente, difese le fasce costiere da possibili azioni offensive nemiche. Il Treno Armato nel corso delle due guerre mondiali diede un valido sostegno ai reparti di fanteria, alle difese costiere e contraeree delle forze tra loro contendenti.
In realtà la peculiare mobilità di questo vettore, circolante su binari, munito di cannoni e mitragliatrici montati su pianali ferroviari, permise di raggiungere in breve tempo i luoghi minacciati da offensive nemiche, sia essi provenienti dal mare o dal cielo. In Italia, dopo l’azione militare (1) della marina austro-ungarica ad Ancona e nei principali centri costieri del litorale adriatico, spinse i vertici militari italiani a impiegare il personale della Regia Marina per la difesa delle proprie coste.
I treni armati si batterono egregiamente contro il bombardamento d’idrovolanti e il cannoneggiamento di torpediniere austriache. Conclusasi la Grande Guerra, alcuni treni armati furono dismessi e smantellati, mentre i rimanenti, furono tenuti in riserva presso gli arsenali di La Spezia e Taranto. Nel frattempo lo Stato Maggiore della Regia Marina, proseguì ancora nell’idea circa la “difesa costiera su rotaia”.
Il concetto di protezione prevedeva di utilizzare siffatti convogli armati nei percorsi adiacenti alle coste e posti nel restante territorio italiano. Verso la metà del XX secolo, furono progettati e resi operativi treni armati con compiti di contraerea. Fu all’inizio degli anni Trenta che fu sviluppato un progetto (poi abbandonato) che prevedeva la realizzazione di trentatré convogli per la difesa costiera.
Nel 1936 entrò in attività un nuovo modello di treno armato, provvisto di più convogli per l’artiglieria contraerea e dotato di una maggiore protezione per i serventi all’arma. Il venti aprile 1939 attraverso l’ordine di mobilitazione, furono predisposti ben quattordici treni armati e istituiti due Comandi denominati MARIMOBIL.
Queste difese mobili furono inquadrate rispettivamente in MARIMOBIL I con dislocazione al nord, avente sede a Genova e MARIMOBIL II, schierato a sud, con sede a Palermo.
L’organizzazione dei treni armati fu affidata sempre alla Regia Marina la quale ebbe il compito di sorvegliare e difendere un proprio settore costiero assegnatole, ricadente sia nelle Isole sia nel resto dell’Italia peninsulare. I convogli ferroviari abilmente mimetizzati, erano ordinati secondo precisi schemi e in qualsiasi ora furono sempre pronti a entrare in azione nel percorso loro assegnato.
La struttura di un treno armato è descritta in un articolo, a firma di Eugenio Falchi dal titolo “Una nave sui binari” e pubblicato su “Le Vie d’Italia” volume 49, 1943, pag. 564. Il periodico illustrato a cadenza mensile era pubblicato dal Touring Club Italiano ed esordì nel 1917 come supplemento della “Rivista Mensile”.
Il
numero della rivista, contenente l’articolo del Falchi fu probabilmente uno
degli ultimi dell’annata del 1943. In realtà dopo il pesante bombardamento di
Milano (notti di sabato 14 e domenica 15 agosto 1943) per opera dei quadrimotori
Avio Lancaster della Royal Air Force (RAF), il periodico cessò le pubblicazioni
per poi riprenderle nel gennaio del 1946. Il “pezzo” di Eugenio Falchi, lo
propongo ai lettori, per una visione esauriente sull’argomento.
«Il treno armato della Regia Marina è, in tutto e per tutto, una vera e propria nave da guerra, che invece di correre per lungo e per largo l’immenso mare, corre, ad itinerari obbligati, su binari delle strade ferrate. Troppo spesso noi consideriamo il marinaio soltanto in relazione alle navi. Si crede per lo più che al marinaio, in tempo di guerra, spetti soltanto il compito di proteggere convogli, attaccare squadre nemiche, prender parte ad uno sbarco…
In una parola, il suo compito comunemente noto è soltanto di essere un prode combattente a bordo delle nostre navi. Se questo è il marinaio classico, oggi la tecnica della guerra affida alla Marina compiti ben più vasti, che abbracciano, nel vero senso della parola, tutto l’orizzonte del mare, che si amplia ben oltre l’orizzonte della nave. Tutto ciò che è collegato al mare è affidato alla Marina. Per ciò anche nella difesa costiera la marina concorre con l’Esercito e con l’Aeronautica alla vigilanza ed alle postazioni fisse o mobili di sua speciale competenza. Fra queste, prima fra tutte, è il treno armato, che è una originale trasformazione della nave da battaglia. Sappiamo come, nell’epoca preistorica, apparve sulla Terra il primo uomo. Uno stadio molto importante delle successive metamorfosi vuole che i pesci, cambiate le prime in embrioni di zampette, cominciassero a passeggiare sulla terra ferma. Conservando molte loro caratteristiche, perdendone alcune ed acquistandone altre.
Il Treno armato fa proprio questa impressione. La locomotiva a vapore traina una serie di affusti ferroviari, sui quali sono installati cannoni, mitragliere, vagoni comando, vagoni cucina, vagoni cuccette, ecc. Insomma, tutte le varie parti che formano una nave da guerra sembrano smontate e caricate su di un treno, come se fossero destinate ad un grande lago, o ad un mare chiuso, dove, rimontando agevolmente tutti i pezzi dei vagoni, si potesse ricostruire la nave pronta per riprendere le acque.
Il Treno ha un comandante, che è naturalmente un Tenente di Vascello, o un Capitano di Corvetta. Una persona… navigata, insomma, e che, in fatto di mare e di coste, sa il fatto suo. Tutta l’organizzazione interna del treno funziona come se fosse una unità da guerra. Quando il treno, per ragioni tattiche, deve spostarsi, o per mettere a tiro più efficace le unità nemiche, od occultarsi per ragioni strategiche in una galleria, il Comandante è al… timone, che in questo caso è rappresentato dalla locomotiva. Fra il macchinista e il fuochista, egli impartisce le disposizioni del caso per la pressione e per la velocità, mentre scruta col binocolo a lungo raggio l’orizzonte del mare.
Durante i tiri il Comandante è nel vagone comando, dove sono tutti gli apparecchi per calcolare i dati di tiro e per trasmetterli automaticamente, via filo e via radio, ai serventi ai pezzi su gli affusti ferroviari. Questo vagone comando è completamente blindato; vi sono soltanto alcune feritoie, dalle quali il Comandante, con appositi congegni, osserva il tiro e suggerisce le opportune correzioni. Quando si spara, il treno è bloccato ed ogni vagone è solidamente assicurato, a mezzo di leve ed argani, al terreno, per impedire che il rinculo del proietto in partenza possa spostare in modo eccessivo il pezzo e rovesciare il carrello ferroviario. Queste operazioni di blocco e sblocco avvengono con una celerità strabiliante. In 15 o 20 secondi il treno, al semplice colpo di fischietto del Comandante, è pronto per partire o per sparare.
Quando il trombettiere del Treno armato, che è sempre come l’ombra del Comandante, sente il colpo di fischietto, fa da amplificatore all’ordine con note caratteristiche, che raggiungono tutti i 25 o 30 vagoni. Certamente la maggior parte dei marinai addetti ai treni armati sono tutti specializzati per il tiro. Provengono generalmente dalle nostre grandi unità di superficie e sono esperti in quella tecnica tutta speciale necessaria al tiro navale, assi diverso da quello terrestre. I
l mare fa degli strani scherzi per la foschia o per le sue
luci particolari; e qui le difficoltà dell’osservazione necessaria ad
accorciare o allungare il tiro efficace. I treni armati costituiscono un
efficiente sistema di difesa lungo le nostre coste, specialmente in quei tratti
ove l’esistenza di linee ferroviarie o di reti stradali ne favorisce l’uso».
La
dislocazione dei Treni armati alla vigilia dello sbarco Alleato in Sicilia
(dieci luglio 1943) era la seguente:
Marimobil di Messina
152/1/T
a Termini Imerese (Palermo)
152/2/T
a Carini (Palermo)
102/
1 /T a Siracusa
76/1
/T a Porto Empedocle (Agrigento)
76/2/T
a Licata (Agrigento)
76/3/T
a Mazara del Vallo (Trapani)
120/1/S
a Siderno (Reggio Calabria)
120/3/S
a Porto Empedocle (Agrigento)
120/4/S
a Catania
152/3/T
a Crotone (Catanzaro).
Marimobil di Genova
Il
152/5/S a Voltri (Genova)
Il
152/4/T ad Albisola (Savona)
Il
120/2/S a Vado (Savona)
Il
76/1/S a Sampierdarena (Genova).
La sorte dei treni armati dopo lo sbarco Alleato in Sicilia e di cui quest’anno ricorre il settantesimo anniversario (1943-2013) non fu alquanto benigna. Gran parte dei convogli furono distrutti durante i bombardamenti “mirati” degli Alleati, oppure furono autodistrutti dagli stessi militari italiani per non cadere in mano nemica.
La rimanente composizione dei treni armati fu dislocata nella penisola italiana e impiegata su altri fronti di guerra. Questi ultimi furono utilizzati anche come postazioni di artiglieria fissa. I Marimobil (ovvero difesa mobile) di Messina e Genova furono sciolti rispettivamente il 31 luglio e il giorno 8 settembre del 1943.
(1) …Già nella notte del 24 maggio 1915 la marina astroungarica operò una serie di azioni contro obiettivi costieri italiani, bombardando Ancona e altre località della costa adriatica, soprattutto la rete ferroviaria. Tra giugno e agosto del 1915 furono sottoposte a bombardamento navale Pesaro, Rimini, Monopoli, Ortona, Pedaso, Fano e Bari. Lo Stato Maggiore si trovò cosi con circa 750 km di coste basse e non fortificate dove le navi nemiche potevano colpire in qualsiasi momento.
Fortificare tutta la costa era impossibile, organizzare una costante opera di pattugliamento navale avrebbe richiesto un numero di unità enorme, che comunque si sarebbero presto logorate, con un costo di costruzione e manutenzione impensabile. Visto che la ferrovia adriatica, come adesso, correva parallela alla costa, praticamente sul mare per quasi tutto il suo percorso, la scelta cadde su treni armati di artiglieria, che avrebbero potuto raggiungere rapidamente il luogo dell’attacco. L’organizzazione dei treni armati fu affidata alla Regia Marina. Colpire una nave in mare non era cosa facile: occorre calcolare distanza, velocità, rotta, deriva e scaroccio, vento reale e relativo, ecc.; insomma per colpire una nave in mare serve un marinaio…
(Queste notizie
si debbono allo storico militare Virginio Trucco, “Trenitalia - Divisione
Passeggeri Regionale - Programmazione Mezzi e Manovra”)
Si ringraziano i sigg. Alessandro Schifano, Giovanni Longo per l’aggiunta del materiale iconografico e l’Azienda Trenitalia S.p.A.
Fonte consultata dall’autore: Almanacco Storico Navale della Marina Militare Italiana, alla voce “Treni Armati della Marina”; Eugenio Falchi “Una nave sui binari” Le vie d’Italia volume 49, 1943, pag. 564
Fonti bibliografiche utilizzate da Virginio Trucco
Artiglierie
ferroviarie e treni blindati, Ermanno Albertelli editore Parma 1974
Treni
armati - treni ospedale 1915-1945, Ermanno Albertelli Editore Parma 1983
I
treni armati della Liguria edizioni Hoepli
La guerra dei ponti, dopolavoro ferroviario di Savona, Savona 1995
Treni armati, Francesco Fatuta , supplemento rivista marittima novembre 2002.
Foto 1 e 2 tratta dall’articolo “Una nave sui binari” Le vie
d’Italia volume 49, 1943.
Giuseppe Longo
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